Ponza: Sono qua appunto per chiarir questo, signor Commendatore. La condizione di questa donna è pietosissima. Ma non meno pietosa è la mia, anche per il fatto che mi obbliga a scusarmi, a dar loro conto e ragione d’una sventura, che soltanto… soltanto una violenza come questa poteva costringermi a svelare.
Si fermerà un momento a guardare tutti, poi dirà lento e staccato:
La Signora Frola è pazza.
Tutti: (con un sussulto) Pazza?
L’identità che si forma nelle relazioni. La pazzia, che distorce la realtà e che mette come un velo nell’incontro tra le persone. La verità , che si crede unica perché unica crediamo la nostra visione del mondo. E l’umiltà di accettare il fatto che di ogni cosa noi abbiamo una percezione parziale ed una conoscenza imperfetta.
Sono alcuni degli immensi spazi vuoti quelli che Pirandello ci spalanca con il suo testo, e nell’ironia generale della commedia, tra donne pettegole e impomatati funzionari di stato, il leggero disagio avvolge e non se ne va più via.
Quando il sipario si chiude, e la risata finale del Laudisi scema, viene da chiedersi quale sia la vera storia narrata dalla commedia. Seppur abbiamo conosciuto i protagonisti della vicenda, e vi siano state diverse rivelazioni, alla fine l’enigmatica risposta della signora Ponza e l’abbraccio della suocera con il nuoro, riapre ogni questione. Ma quale è la verità ? E’ evidente che i tre protagonisti abbiano vissuto una e una sola storia, indipendentemente da quello che essi dicono: però essa è assolutamente inaccessibile, perfino a loro stesi, forse perchè pazzi, forse perché, come suggerisce la signora Ponza, la tragedia è troppo grande per poterla narrare? Allora la verità é quella personale: è il giudizio che ciascuno dà alla vicenda, e che muta facilmente ad ogni rivelazione successiva (come il prefetto che passa dalla sicurezza al sospetto). Oppure, come insiste Laudisi, non esiste la verità , essa non è che un fantasma dal volto coperto, ed è vano inseguire i fantasmi degli altri, se non si conosce nemmeno il proprio.
Laudisi: (Andrà un po’ in giro per lo studio, sogghignando tra sé e tentennando il capo; poi si fermerà davanti al grande specchio su la mensola del camino, guarderà la propria immagine e parlerà con essa) Oh, eccoti qua!
La saluterà con due dita; strizzando furbescamente un occhio, e sghignerà .
Eh caro! – Chi è il pazzo di noi due?
Alzerà una mano con l’indice appuntato contro la sua immagine
che, a sua volta, appunterà l’indice contro di lui.
Sghignerà ancora, poi:Eh, lo so: io dico: “tu”, e tu col dito indichi me. – Va’ là , che così a tu per tu, ci conosciamo bene noi due! – Il guajo è che, come ti vedo io, non ti vedono gli altri! E allora, caro mio, che diventi tu? Dico per me che, qua di fronte a te, mi vedo e mi tocco – tu, – per come ti vedono gli altri – che diventi? – Un fantasma, caro, un fantasma! – Eppure, vedi questi pazzi? Senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità , dietro il fantasma altrui! E credono che sia una cosa diversa.
Viene da chiedersi, tra le tante cose, come facci a vivere una famiglia così tragica come quella protagonsta della vicenda, che ricerca una tranquillità impossibile dopo una serie di disgrazie note (il terremoto) ed impercrutabili (la pazzia). Se da una parte è la dignità e la discrezione che portano all’isolamento della signora Frola e del signor Ponza, atteggiamento anche comprensibile data l’eccessiva curiosità del vicinato, è però evidente che è la stessa impossibilità di far combaciare contemporaneamente le 3 “verità ” diverse che ciascuno interpreta a impedire la vera comunicazione con l’esterno. Ciò che non viene rivelato potrebbe essere, in fondo, l’irrazionalità dell’essere umano, che incapace di accettere la non-esistenza della verità assoluta, si chiude in un mondo folle di mezze verità e di interpretazioni, che valgono solo nel ristretto orizzonte della propria esperienza. Il vero paradosso, però, sta nel fatto che i 3 frammenti non combacianti riescano comununque a convivere insieme, senza che uno faccia sgretolare la certezza degli altri due.
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