Santa MariaIeri sera mi sono perso per le strade del centro. La luna faceva capolino, ogni tanto, per salutare gli amanti e le coppiette. Sono vicoli strani e stretti, ed hanno i nomi che raccontano una storia: le famiglie fiorentine, le alleanze e le guerre; i luoghi di ritrovo e di mercato, la geografia di una città rimasta immutata, dove ogni tanto busti ed edicole fanno il capolino tra le vetrine dei negozi per turisti e le statue giganteggiano in minuscoli loculi, con gli occhi spalancati ed un sorriso quasi comico.

Il polo scientifico di Firenze è parecchio decentrato (un po’ come Malpensa è l’areoporto di Milano). Si trova a Sesto fiorentino, ingabbiato tra l’areoporto, la discarica e l’IperCoop. In lontananza si vede l’Ikea, mentre un campo Rom delimita l’ingresso posteriore.
Probabilmente la popolazione studentesca del Polo è inferiore alla frequentazione ovina che, come preannnunciatomi dalla biotecnologa incontrata il primo giorno, viene a pascolare nei pratoni che circondano gli edifici. Sembra che con la scelta di edificare questo polo, i fiorentini abbiano ribadito la loro vocazione umanistica.
Nella settimana precedente al mio arrivo, c’è stata una piccola rivoluzione del trasporto pubblico: è stata istituita una nuova tratta di autobus che fa spola tra la stazione di Rifredi e l’università, ogni 10, 15 minuti. Peccato che i pullman siano praticamente sempre vuoti, e gli autisti disperati dalla situazione. Mercoledì l’autista sbatteva la testa sl volante dell’automezzo. Giovedì un altro tentava di fare conversazione con due studentesse, cercando di capire cosa fosse quel luogo, e cosa centrasse la discarica comunale. Si lamentava “non mi passa più..”