Dopo tanta fatica, un anno e più di lavoro, mille imprevisti risolti all’ultimo, finalmente e con soddisfazione siamo riusciti a mettere in scena uno strabiliante musical.

La storia è lunga, ed inizia nel Giugno 2006, quando, tra le attività per celebrare il centenario dell’oratorio S.Gerardo di Monza, viene proposto di fare un grande spettacolo musicale, al quale possano partecipare tutte le persone che sono coinvolte nell’oratorio.

Ovviamente il ruolo di regista (in quanto con una carriera di spettacoli, in oratorio e fuori, non indifferente) viene offerto a me: certo è che accetto con molti timori e difficoltà, non avendo mai gestito qualcosa di così grosso, e non avendo alcuna competenza in campo musicale.

Le proposte, essenzialmente, le faccio io. Joseph, l’unico musical tra i testi che avevo scelto, non lo conosce nessuno, e, con forse un po di scetticismo, iniziamo le prove.

L’entusiasmo cresce lentamente: piano piano le parole di “Diverrà realtà” e i colori della tunica (rosso, giallo, verde, ocra nero rubino… fino a malva e fulva) sono sulla bocca di tutti. Mi raccontano di autoradio che eseguono costantemente le musiche, famiglie distrutte dall’ossessione del canto, bambini che ormai si esprimono solo a colori…

Non è tutto rosa e fiori, naturalmente, e tante volte ci sono state piccole scaramucce durante le prove, assenze e testi non imparati a memoria. ed in più la fatica di gestire così tante persone con necessità, esperienze ed età così diverse.

Sono tanti gli aneddoti che si possono raccontare, dal “pacco” della società che gestisce i diritti d’autore di Andrew Lloyd, alle prodezze di Angelo (ed i suoi furti con destrezza). Le risate fatte nel provare le scene di Potifar, e le mille prove del balletto dei “Sogni di Joseph”.

Infine ecco il giorno dello spettacolo, con le prove che, ovviamente, sono un disastro (è caduto anche il pozzo). Ma l’atmosfera della serata, l’emozione finalmente si avverte: la tensione prende un po’ tutti, anche nel vedere che l’oratorio si riempie oltre ogni nostra aspettativa.

Note di regia:

Questo musical nasce, un po’ come sogno e un po’ come follia, dal desiderio di ricordare e festeggiare il primo centenario dell’oratorio; non tanto cent’anni compiuti da un luogo o un’istituzione, ma cent’anni della storia di una comunità in cammino, le cui origini non sono immediatamente tangibili, ma vanno cercate nella memoria, e il cui futuro è tutto da costruire.

Questo spettacolo è un piccolo segno in più nella storia del nostro oratorio, 1 anno (e più) dei 100 trascorsi speso per creare qualcosa di nuovo, mettendo assieme le tante e diverse capacità ed esperienze di chi condivide la vita di questa comunità.
Ma se questa sera fosse soltanto momento autocelebrativo, avremo tradito lo spirito di questo centenario: ciò a cui teniamo di più non è tanto quello di esibirci (fosse anche l’unica volta nella vita!), accettando la sfida di uno spettacolo complesso e famoso; quanto la possibilità di raccontare a tutti del nostro sogno, il sogno di un’intera comunità che non produce musical, ma che regala volti, esperienze e attenzione con generosità Vogliamo riuscire a raccontare almeno un frammento del “il sogno di Dio”: un’immagine grandiosa e forse inafferrabile, ma che (di ciò siamo sicuri) può diventare realtà.

La trama:

Il musical riprende (in chiave pop) una delle più belle storie dell’Antico Testamento, riportata nella Genesi: quella di Giuseppe, figlio prediletto di Giacobbe, uno dei grandi patriarchi del popolo d’Israele. Giuseppe è malvisto dai propri fratelli, sia perchè invidiosi della preferenza del padre, sia perché egli fa dei sogni che indicano una loro futura sudditanza. Ma la goccia che fa traboccare il vaso è il dono, da parte di Giacobbe, di una magnifica tunica. A questo punto i fratelli decidono di uccidere Giuseppe abbandonandolo in un pozzo: tuttavia, alla fine, si limitano a venderlo come schiavo, e dicono al padre che è stato ucciso da una belva feroce.
Giuseppe finisce al servizio di un ricco egiziano, Potifar, entrando nelle sue grazie, ma per sfortuna si ingrazia anche la moglie di Potifar, la quale, nell’ennesimo tentativo di seduzione, viene scoperta e adduce tutta la colpa all’israelita. Il giovane viene così cacciato in prigione, ma non si perde d’animo. La sua capacità di interpretare i sogni gli permette di fare amicizia con i propri compagni di cella, fino a che la sua fama non giunge alle orecchie del faraone in persona, che lo manda a chiamare affinché gli interpreti un incubo che non riesce a capire. Nel sogno ci sono 7 vacche grasse, che però vengono mangiate da altre 7 vacche magre: Giuseppe capisce che sono previsti 7 anni di abbondanza, nei quali bisognerà  fare scorta di cibo, infatti seguiranno altri 7 anni di carestia, e lâ’Egitto potrà  in questo modo sopravvivere. Entusiasta, il faraone nomina Giuseppe suo amministratore.
Passano gli anni, ed i fratelli di Giuseppe, rimasti nella terra di Canaan, soffrono la carestia. Decidono di recarsi in Egitto, per elemosinare del cibo: li accoglie Giuseppe, ormai uno degli uomini più potenti del Nilo, ma non lo riconoscono; sfruttando la situazione, Giuseppe decide di punirli per la loro condotta: dopo averli tenuti sulle spine, concede il cibo ai questuanti. Tuttavia, senza farsi vedere, nasconde un calice dorato nel sacco del più piccolo dei fratelli, Beniamino, e non appena costoro fanno per andarsene chiama le guardie e li fa arrestare. I fratelli, inaspettatamente, trovano il coraggio di opporsi a questa ingiustizia, e offrono la propria vita in cambio di quella di Beniamino. Giuseppe, allora, decide di interrompere questa messaincena, e perdonati i fratelli si fa riconoscere. La famiglia si riunisce, e rimane a vivere in Egitto: i sogni di Giuseppe si sono avverati, e, negli anni, questa storia condurrà  al grande evento dellâ’Esodo